sabato 29 aprile 2006

Sintassi

La voce verbale più riflessiva di tutte è "io mi specchio"
A parete.

venerdì 28 aprile 2006

Portati come una pischelletta

Una cara amica compie 60 anni.
Auguri,
Vespa!




giovedì 27 aprile 2006

Get his coffin ready Cos Johnny's coming home



Quanto altro aspetterà l'italia prima di portare le chiappe fuori dall'Iraq?

martedì 25 aprile 2006

la "Festa dei Traditori"...

"anni difficili davanti per tutti i figli di Di Nanni
sono un partigiano
e sarò chiaro
perché ci si abitua a tutto anche ai fascisti
assassini sullo sfondo
doppiopetto in primo piano"
"Fascisti in doppiopetto" - Assalti Frontali


[grazie, ancora una volta, a ErCanto]




Dal libro "Senza tregua, la guerra dei GAP" di Giovanni Pesce, Feltrinelli



Il gappista torinese Dante Di Nanni è stato ferito in un azione contro il ripetitore EIAR che disturba le frequenze di Radio Londra. Sta aspettando l'autolettiga che forse lo porterà all'ospedale. Ha sei pallottole in corpo.


Di Nanni non si è mosso, sta ancora sdraiato sul ventre e respira veloce. Ivaldi pensa che dorma e resta sorpreso quando l'ode chiedere: "Ti fa molto male? "



Ora, nella casa di via San Bernardino, Di Nanni è solo.



Ancora disteso sul letto, le braccia piegate, le mani strette sotto il cuscino. Ivaldi è uscito da poco. Hanno continuato a parlare, quando è tornato dalla cucina dove si è medicato.



Sembra di avere una quantità di cose da dire, da spiegare quando si sa di dover morire... Una guerra come la nostra non lascia molto tempo per le conversazioni. Si prepara l'azione, la si esegue: quando ci si incontra ogni minuto viene impiegato per le questioni pratiche, urgenti. Per la prima volta ci troviamo di fronte e possiamo parlare. Di noi, del perché combattiamo, del domani. Forse parlare del futuro cancella l'angoscia della fine vicina. O forse ci sono cose che dovevano essere dette da tempo e che ci diciamo ora. E' appena un ragazzo, ma ha già tante cose dentro, tante idee e una certezza cosi ferma nel nostro futuro. Penso a me stesso, quando sono partito per la Spagna. I giovani di oggi maturano più rapidamente. Lo abbraccio piano prima di lasciarlo per andare a sollecitare l'autolettiga.



"So cosa fare se vengono," ha detto Di Nanni e ha voluto accanto al letto i due mitra, lo "sten" e il sacco degli esplosivi con le micce a strappo già pronte e infilate nei detonatori. Ora giace immobile e aspetta. Chi giungerà prima: la lettiga o gli altri?



Una serie di colpi violenti scuotono la porta. Gli altri sono giunti per primi.



Si gira lentamente, s'appoggia con le mani al pavimento e scivola dal letto, battendo le ginocchia sulle piastrelle fredde. Si solleva sul gomito piegando la gamba sinistra sotto il corpo: prende un mitra e innesta un caricatore di quaranta colpi.



Prima di uscire Ivaldi lo ha aiutato a infilarsi i pantaloni perché sia già pronto quando giungerà l'autolettiga; fa scivolare due "sipe" nella tasca destra, un'altra la tiene nella mano sinistra. Trascinandosi avanza verso la porta. Nella destra stringe il mitra.



"Vengo," grida.



"Aprite!" urlano dal pianerottolo.



Di Nanni si schiaccia al muro, lascia il mitra, passa la "sipe" nella mano destra e toglie la coppiglia, tenendo salda la piccola leva piatta. Da fuori cercano ora dì abbattere la porta a calci, ma è una porta di buon legno robusto, e resiste bene.



"Apro," grida ancora Di Nanni.



Si appoggia sulla sinistra tenendosi dietro lo stipite; lascia scattare la leva della bomba e conta: al "cinque" preme il pollice facendo scorrere la sbarra della serratura. La porta, spinta dall'esterno sì apre di schianto. Di Nanni lascia scivolare sul pianerottolo la bomba e si abbandona sulla schiena, al riparo della parete. Un secondo e all'esplosione nella tromba delle scale rispondono le urla dei colpiti. Un fascista, trascinato dallo slancio, piomba nell'anticamera e Di Nanni, restando sdraiato, ne blocca la corsa con una raffica breve, da tre metri. Il fascista sembra un attimo paralizzato, lascia cadere il mitra e barcollando arriva nella camera, finendo bocconi sul balcone.



Strisciando sui gomiti Di Nanni si spinge sul pianerottolo, ingombro dei corpi di due fascisti. Appoggiando la fronte alla ringhiera, può vederne altri che scendono incespicando sui gradini. Infila la canna del mitra tra le sbarre e spara: li sente gridare e li vede cadere come dei sacchi vuoti.




Si trascina nuovamente in casa e chiude la porta; questa non sembra danneggiata perché il battente era aperto al momento dell'esplosione.



All'ingresso della stanza, sul pavimento, c'è il mitra del brigatista abbattuto. Di Nanni lo spinge, la canna in avanti, fino accanto al letto. Non cerca il corpo. Si trascina ancora attraverso la camera e, dalla cucina, spinge il tavolo contro la porta d'ingresso: poi sistema una doppia catena di sedie fra il tavolo e la parete; per colmare un ultimo spazio vuoto uno sgabello. Cosi la porta è completamente bloccata, quanto basta a fermare un po' gli invasori anche se facessero saltare la serratura.



Più di cosi non può fare. Strisciando sotto il tavolo, torna in camera e si arrampica sul letto. Si sdraia sul ventre, di traverso ai materassi, in modo da avere il balcone in faccia.



Può vedere un pezzo di inferriata, due finestre della casa di fronte, un poco di tetto.



Il corpo del fascista è dietro la breve parete, sulla sinistra, nel vano della finestra, dove la ringhiera del balcone si aggancia al muro esterno. Lo indovina seduto o semisdraiato, con le ginocchia piegate: vede le scarpe uscire dall'angolo del muro.



Nella casa sembra ora essersi fatto un gran silenzio. Forse non succederà altro, forse Ivaldi tornerà con l'autolettiga e andranno all'ospedale. Dalla strada non salgono rumori sospetti, niente che faccia temere un nuovo assalto.



Non può accadere dunque nulla in quel silenzio. Però Ivaldi deve far presto perché non può resistere a lungo. Tocca le fasciature della schiena e le sente viscide. Guarda la mano e la vede sporca di sangue. Deve restare calmo, sopportare il dolore e non perdere altre forze.



Le scarpe, all'angolo del balcone, hanno un sussulto, scivolano in avanti. Di Nanni capisce che il fascista sta morendo.




Gli tornano alla mente racconti dell'altra guerra: italiani e austriaci feriti, isolati nella terra di nessuno, che riuscivano a capirsi a gesti per scambiarsi una sigaretta o un sorso di grappa, per maledire in lingue diverse ma con parole uguali la guerra e chi li aveva mandati a morire senza neppure sapere perché.



Fissa quelle scarpe scivolate in avanti in una chiazza di sangue. La guerra combattuta da suo padre è stata una guerra diversa. Allora, i soldati si sono trovati una divisa addosso, un fucile in mano e l'ordine di sparare senza altre spiegazioni.



In questa guerra ognuno ha fatto la sua scelta. Ne a lui ne all'altro hanno messo in mano un fucile senza spiegare perché. Ha scelto in piena coscienza la parte dove stare; e cosi è stato per il fascista sul balcone. Ognuno paga i debiti che ha contratto.



Dalla strada giunge improvviso il rumore di un motore, poi alcune grida. Di Nanni capisce che è giunto il momento. L'autolettiga non arriverà più e lui non andrà all'ospedale, ne da nessun'altra parte.



Il motore si arresta davanti alla casa, proprio sotto il balcone, e tra i passi di molti uomini Di Nanni ode lanciare ordini incomprensibili. Grida anche una donna, di paura. Di Nanni la sente correre sull'asfalto invocando aiuto.



Il secondo assalto forse sarà diverso. Ora la tattica migliore è di aspettare, perché questo li sconcerterà. Si attendono raffiche e bombe e stanno al riparo. Sparare non può servire. Adesso tocca a loro la prima mossa.



Nella strada c'è un lungo silenzio, poi, con un forte accento tedesco, qualcuno grida: "Scendere, arrendersi!" Passa altro tempo. Un secondo motore imbocca la via per fermarsi al portone. Una scala d'autopompa si avvicina alla ringhiera del balcone. Oscilla un poco, come in cerca di un punto d'appoggio e si ferma ben salda. Subito dopo riprende ad oscillare: qualcuno sta salendo.



La stessa voce tedesca grida ancora: "Prendere, prendere! Un pazzo! " Di Nanni, bocconi sul letto, punta il mitra.



Dal bordo del balcone spunta l'elmetto di un pompiere, poi il viso di un uomo già anziano. Pare esitare; getta uno sguardo perplesso al corpo del fascista e scruta nella stanza. Non vede Di Nanni e riprende a salire adagio, guardingo. Si china per dire qualcosa a uno che lo segue nella scala e che Di Nanni non vede ancora; poi scavalca la ringhiera dando un'altra occhiata al fascista senza avvicinarsi e vede il mitra puntato. L'altro che lo segue resta cavalcioni sulla ringhiera.



" Andate via," dice Di Nanni, a voce bassa, calma, "non sono un pazzo. Sono un partigiano."



I vigili del fuoco sembrano perplessi; il ragazzo col mitra sdraiato sul letto, sa quel che vuole. Il fascista morto insegna la lezione. Entrare e morire è una cosa sola. Il pazzo è chi rischia.



"Non è matto," grida alla strada il secondo pompiere, ancora cavalcioni alla ringhiera, "non è matto!"



Dalla via giungono altre frasi rabbiose, urlate.



"Andate a prenderlo!"



"Andate via," ripete Di Nanni, "non ce l'ho con voi.



Il vigile del fuoco fa due passi indietro ed è di nuovo sul balcone.



"E questo?". chiede indicando il morto.



"Quello portatelo via," risponde Di Nanni.



Se lo passano sopra la ringhiera. L'anziano fa ancora un cenno a Di Nanni come per dire qualcosa mentre scende.



Ora tocca a lui muoversi: si cala dal letto e striscia fino al balcone; cosi appiattito a terra non possono vederlo dal basso. Ancora non hanno pensato a mandare qualcuno sul tetto della casa di fronte e sul campanile vicino. Di Nanni guarda sulla destra e vede la stretta via bloccata; un gruppo di tedeschi sbarra l'accesso a una piccola folla. A sinistra la via è bloccata da fascisti. Anche là c'è gente, donne per lo più. Sotto, dove Di Nanni non può vedere, ci sono mescolati militari tedeschi e fascisti.



Osserva attentamente finestre e facciate del convento dirimpetto. Tutto chiuso, sbarrato. Toglie la sicura a una "sipe" appoggiandola a terra. Poi toglie la sicura a una seconda bomba. Le spinge una dopo l'altra fra le sbarre della ringhiera. Ode le esplosioni e le urla. Guarda a sinistra. Le donne fuggono lasciando isolati i fascisti addosso al muro. Spara una raffica breve e una lunga. Tre fascisti cadono. Spara ancora contro gli altri che si sbandano in cerca di riparo e ne abbatte uno proprio all'angolo della via.



Poi rincula strisciando e rimane sdraiato sulla soglia della porta-finestra. Da là può sorvegliare il tetto di fronte e il campanile. Passano pochi minuti, e lentamente, un elmetto spunta sopra l'angolo del tetto, poi appare il viso del tedesco. Mentre leva adagio il mitra vede un altro tedesco apparire nel vano della loggia campanaria. Cerca di inquadrare il nemico sul tetto, ma il mitra, contro la spalla sinistra, non sta fermo; appoggia allora il gomito destro al muro e mira di nuovo. Spara pochi colpi. Il viso del tedesco sparisce. Di Nanni punta subito al campanile. Il secondo tedesco si mostra per una frazione di secondo, poi si abbassa, torna a mostrarsi e si abbassa di nuovo. Sembra un giocattolo meccanico. Di Nanni Io vede abbassarsi, attende pochi istanti e spara dentro l'apertura vuota: in quel momento il tedesco si alza e ricade urlando, mentre le campane colpite dalla raffica sembrano suonare a festa. Si trascina lontano dal muro. Ora tocca nuovamente a loro. E deve lasciarli fare affinché credano di averlo in mano e tornino a mostrarsi.



Si cala dietro l'angolo di sinistra della finestra e aspetta. Prima vengono dei colpi isolati, poi le raffiche di mitra. Sparano a lungo. Le schegge della finestra si staccano con un rumore secco. I colpi sparati dal basso, forse dai portoni di fronte, finiscono nel soffitto staccando l'intonaco.



Poi gli spari si diradano; le raffiche si fanno brevi e si spengono. Di Nanni attende ancora fino a che ode i primi colpi rintonare alla porta; allora si trascina attraverso la stanza. Dall'altra parte continuano a tempestare l'uscio barricato col tavolo e le sedie. Di Nanni punta il mitra appena sopra il tavolo. Tiene schiacciato il grilletto mentre ruota l'arma da destra a sinistra, lentamente, poi ancora a destra. Si sentono urla e gemiti. Punta ancora, a livello del pavimento questa volta, e spara due ultime raffiche.



Torna alla stanza e si mette in ascolto. Devono essere in molti attorno alla casa. Gridano ordini in tedesco e in italiano, ma le voci si sono allontanate oltre il fondo della via. Sono diventati prudenti e si tengono al coperto. Sparano di nuovo: colpi isolati e violente raffiche. Forse pensano di bloccare i suoi movimenti o forse sperano di colpirlo con un proiettile fortunato. Certo non può continuare a lungo in quel modo. Devono fare qualcosa di decisivo: tutto il quartiere è, in allarme e la voce che trecento tedeschi e fascisti sono impegnati da due ore con forti perdite contro un solo partigiano, si va diffondendo.



Devono fare qualcosa di nuovo e presto. Si ode il ringhiare di un grosso motore. Di Nanni striscia sul balcone, mentre anche dai tetti lontani si comincia a sparare, spia tra le sbarre sulla sinistra: un'autoblinda avanza lentamente, al centro della via stretta; la seguono curvi dieci o dodici tedeschi e fascisti. All'improvviso la canna della mitragliatrice che spunta dalla torretta comincia a sussultare. Di Nanni si rovescia lesto sul fianco e rotola nella stanza mentre i colpi schiantano gli spigoli del balcone e rimbalzano sulla ringhiera di ferro.



Allora Di Nanni toglie cinque pezzi dal pacco di tritolo e li lega assieme con una striscia di tela; nel mezzo infila un detonatore con una miccia corta ad accensione a strappo e torna al balcone. La mitragliatrice tace; il ritmo del motore in folle indica che 1'autoblinda è ferma sotto il balcone. Di Nanni svita il cappuccio dell'accensione e tira la cordicella sente come il fruscio di un fiammifero sfregato contro un mattone conta cinque secondi; butta il tritolo appena sopra il ringhiera. L'esplosione viene immediata, tremenda; la casa trema tutta. Il motore dell'autoblinda si è arrestato. Qualcuno, rimasto dentro, cerca di rimetterlo in moto. Di Nanni torna ai piedi del letto, prepara altri due fasci di tritolo e, dal balcone, li lascia cadere senza contare perché sotto non c'è più nessuno che possa spegnere le micce.



Dopo le esplosioni, non si odono più né rumori né grida; tedeschi e fascisti devono essere disorientati. Stanno osservando, al riparo, l'autoblinda immobilizzata e i morti attorno; forse cominciano a dubitare di trovarsi di fronte a un solo partigiano.



Di Nanni torna ancora verso il letto e con tutto l'esplosivo rimasto prepara altri pacchi, mette i detonatori e si sdraia supino. Dalla strada giunge una voce ingrandita e distorta dall'altoparlante: "Arrendetevi. Vi garantiamo salva la vita. Arrendetevi e sarete salvi." Poi qualcos'altro di incomprensibile.



Il rotolare ferroso di cingoli sull'acciottolato annuncia l'arrivo di un carro armato. Avanza lentamente, ruotando la torretta col cannoncino gli sportelli delle mitragliatrici aperti. Di Nanni attende che vengano sotto, affinché gli uomini nel carro non possano vedere il balcone dalle strette fessure della torretta. Allora accende le micce. Afferra con la destra i legacci e alzando il primo pacco d'esplosivo sopra la sua testa lo scaglia, oltre la ringhiera, nella strada davanti al carro armato. Poi lancia il secondo e il terzo.



Chi guida vede certamente cadere i pacchi ma quando tenta di frenare è tardi; uno di essi esplode a un palmo dal cingolo destro che si spezza di schianto. Le altre due esplosioni completano il lavoro. Il carro comincia a girare su se stesso spinto dal cingolo intatto e finisce contro il muro della casa di fronte.



Il motore si arresta e gli uomini escono cauti dallo sportello e si allontanano. Di Nanni non può vederli.



Adesso ogni rumore è cessato. Un attimo di tregua, di pace prima della fine ormai vicina. L'esplosivo è terminato assieme alle " sipe. " Nel caricatore del mitra restano si e no venti colpi. Di Nanni toglie un proiettile e se lo mette in tasca, poi striscia di nuovo al balcone, pone il dito sul secondo grilletto del mitra, quello del colpo singolo e spia la strada. Da sinistra camminando curvi, rasenti il muro, avanzano tre tedeschi. Non portano fucili ma stringono in mano grappoli di bombe. Intendono usare la sua tattica: lanciare le bombe dal basso, dietro la porta-finestra del balcone. Prende la mira tra le sbarre e spara sul primo nazista che cade in avanti; il secondo colpo manca quello che lo segue, ma il terzo lo raggiunge subito dopo. Spara tre colpi all'ultimo che fugge. Il nazista cade, si rialza e riprende a correre zoppicando. Si salva buttandosi dietro l'angolo della via. In quel momento, dal tetto di fronte parte una raffica rapida e violenta. Un tedesco spata col ginocchio sinistro appoggiato alle tegole della sommità del tetto; non si nasconde. La sua raffica dovrebbe essere decisiva, ma passa alta sulla testa di Di Nanni che lo abbatte sparando a raffica i suoi ultimi colpi.



Ora tirano dalla strada, dal campanile e dalle case più lontane. Gli sono addosso, non gli lasciano scampo. Di Nanni toglie di tasca l'ultima cartuccia, la innesta nel caricatore e arma il carrello. Il modo migliore di finirla sarebbe di appoggiare la canna del mitra sotto il mento, tirando il grilletto poi con il pollice. Forse a Di Nanni sembra una cosa ridicola; da ufficiale di carriera. E mentre attorno continuano a sparare, si rovescia di nuovo sul ventre, punta il mitra al campanile e attende, al riparo dei colpi. Quando viene il momento mira con cura, come fosse a una gara di tiro. L'ultimo fascista cade fulminato col colpo.



Adesso non c'è più niente da fare: allora Di Nanni afferra le sbarre della ringhiera e con uno sforzo disperato si leva in piedi aspettando la raffica. Gli spari invece cessano. Sul tetto, nella strada, dalle finestre delle case, si vedono apparire uno alla volta fascisti e tedeschi. Guardano il gappista che li aveva decimati e messi in fuga. Incerti e sconcertati, guardano il ragazzo coperto di sangue che li ha battuti. E non sparano.



E' in quell'attimo che Di Nanni si appoggia in avanti, premendo il ventre alla ringhiera e saluta col pugno alzato. Poi si getta di schianto con le braccia aperte nella strada stretta, piena di silenzio.


"Gli anni e i decenni passeranno: i giorni duri e sublimi che noi viviamo oggi appariranno lontani, ma generazioni intere di giovani figli d'Italia si educheranno all'amore per il loro paese, all'amore per la libertà, allo spirito di devozione illimitata per la causa della redenzione umana sull'esempio dei mirabili garibaldini che scrivono oggi, col loro sangue rosso, le più belle pagine della storia italiana." 


 Dall'opuscolo clandestino edito a Torino il 4 giugno 1944, alla gloria dell'eroe nazionale Dante Di Nanni.

venerdì 21 aprile 2006

2759

  Perché hai dominato il Mondo conosciuto e ne rechi le vestigia.
  Per i tuoi palazzi rossi che si stagliano sul verde carico dei pini.
  Perché i Piemontesi non sono riusciti a mutare il tuo cuore cinico e indolente.
  Perché pur sotto la cupola riesci a rimanere meravigliosamente blasfema.
  Perché il monumento che hai dedicato ad Aña è molto più bello di quello dedicato a Giuseppe.
  Perché nel tuo nome amoR si specchia.
  Perché ti sei aperta a tutti, ma nessuno che non sia intimamente tuo può dirti sua.
  Perché il cielo sopra di te è il più bello dell'Universo conosciuto ed oltre.
  Perché un paio di volte l'anno riesci a scrollarti di dosso tutti quei parassiti che ti addentano le carni e appari bella al di là dell'immaginabile.
  Perché io in te sono nato, in te vivo e in te voglio morire.
  Perché duemilasettecentocinquantanove te li porti con la pischellanza nel cuore
  Per tutto questo a tanto altro ancora GRAZIE, ROMA. E che tu possa passare altri 3.000 anni come e meglio di quelli scorsi

 

mercoledì 19 aprile 2006

Il segno di un decennio

La prima volta che li ho visti erano sul volto di Elwood Blues. E ovviamente me ne sono innamorato, ma non credvevo sarebbero mai potuti essere miei [anche perché al tempo ero proprio pupo pupo].
Poi, grazie a un film del 1983 ho capito che potevano essere portati anche da un pischello senza perdere il loro fascino.
In seguito, leggendo un libro che avrebbe influenzato molti ragazzi di un determinato decennio, ho capito che sarebbero probabilmente stati l'oggetto feticcio del decennio in questione.
E io stesso li ho portati giorno e notte per credo cinque anni di fila, tanto che il mio naso ne reca ancora il segno indelebile.
Insomma, credo che lo status di "cult degli anni '80" nessuno possa levarglielo. Pensate a qualcuno famoso in quegli anni e sicuramente ve lo ricorderete con in faccia l'inconfondibile profilo inclinato di un paio di Rayban WayFarer


sabato 15 aprile 2006

National Lampoon Easter Vacation

Oggi è l'unico giorno dell'anno in cui secondo i cattolici GesùCristo non è sulla terra.

Peccate fratelli, che papà non vede...


venerdì 14 aprile 2006

Auguri Luxo Jr.

La pixar compie 20 anni [e li celebra con una mostra allo Science Museum di Londra] . E con lei Luxo Jr..
Se non lo avete mai visto ecco la vosta occasione, direttamente dal sito della Pixar.

Enjoy.



[click on the image above]


Qui ci sono pezzi di alcuni degli altri corti [scegliete una bobina e clickate su watch a sneak peek]. Vedeteveli tutti in questo finesettimana di passioni. Poi fatemi sapere. Ce ne sono un paio che io trovo ma - gni - fi - ci.

mercoledì 12 aprile 2006

L'arma definitiva per la pace


Bisogna dire che Ilona non manca di autostima...

Pure questa non è male

Il disumano despota è stato finalmente detronizzato e il feroce latitante è stato assicurato alle patrie carceri.
Da oggi sarà tutto wine and roses [come dicevano i Clash] e il sole tornerà a splendere radioso sul suolo di questa splendida itaglietta.

martedì 11 aprile 2006

Dani California video online now!

Qui sotto il link al nuovo video dei RHCP.
Potete divertirvi a scoprire i vari gruppi/cantanti omaggiati/parodiati.
Non per rovinarvi la sorpresa, ma Mike Patton è perfetto...

Questo è il link per il video

Manco Age&Scarpelli

[Ma non aveva detto che in caso di pareggio si tornava al voto?]




[da corriere.it di oggi]


Mi pare degno della più classica Commedia all'italiana.

Poi si lamentano se li chiamano itaglietta...

lunedì 10 aprile 2006

"Conflitto"

ho messo pure la mia brava scheda chiusa nell'urna
ma non è servito a nulla
era chiaro
sapete
è imbarazzante per noi sentirvi urlare così piano.



venerdì 7 aprile 2006

Questa la ho sempre trovata geniale...

"C'è il maresciallo?"
"No, mi dispiace è uscito con la moglie per comprare una lavatrice."
"E ci mette molto?"
"Ci mette tutto. Tovaglioli, lenzuola, tovaglie..."


giovedì 6 aprile 2006

IlPopulista.it sempre sul pezzo

Stamattina ho letto su populista.it questo articolo [quasi sicuramente rimbalzato da qualche altro giornale] che annuncia la sconvolgente scoperta che ci sarebbe chi affitta stanze [anche solo per qualche notte] facendosi pagare con prestazioni sessuali invece che con soldi.
Volevo solo far notare che da anni è attivo il sito Mike's apartment in cui ci sono solo video di ragazze [e talvolta coppie] che pagano in questo modo il pernottamento in una stanza ad Amsterdam.

Quando si dice giornalismo d'assalto sul campo...
'Sta gente non sarebbe più utile in miniera?

mercoledì 5 aprile 2006

Restless Paris H.

Una casa cinematografica indiana vuole convincere Paris Hilton, l'ereditera dell'omonimo impero alberghiero e regina del gossip, ad indossare i panni di Madre Teresa di Calcutta. Rajeevnath, direttore della casa cinematografica di Kerala, è convinto che sarà un'attrice ottima: "Ho fissato con lei un incontro a fine del mese. Spero proprio che Paris Hilton accetti".
da ilPopulista.it

Che poi

"contro i propri interessi" non vuol dire necessariamente a sinistra.
Per esempio, sarebbe molto più contro i MIEI interessi votare per un mafioso guerrafondaio [tanto per fare un esempio
...].

lunedì 3 aprile 2006

Non chiedetemi perché

[in realtà per rispondere a una delle tre domande più frequentemente rivoltemi da quando sono nato]


LA STORIA DI ANTAR


(Sìrat `Antar), romanzo popolare arabo di vari autori anonimi.






Celebre opera dell'inventiva popolare scritta intorno al XII sec. le cui parti narrative sono in prosa rimata, mentre le parlate dei personaggi sono in versi.


Antar è lo storico eroe-poeta del periodo preislamico, autore di una delle famose Muallaqàt (v.), attorno alla cui figura la fantasia popolare ha intessuto varie leggende raccolte in quest'opera.


Nato da un emiro della famosa tribù degli Abs, Shaddàd, e dalla schiava negra Zabìba catturata in una razzìa, Antar deve vincere tutti i pregiudizi dovuti alla nascita disonorevole e al colore della pelle. Fin dall'infanzia egli dà prova di grande forza, coraggio e generosità entrando per questo nelle grazie del re Zuhayr. Dopo aver ripetutamente salvato la tribù dal pericolo, il padre Shaddàd lo riconosce come figlio e Antar viene sollevato dalla condizione di schiavo a quella di nobile cavaliere. Innamorato della cugina Abla egli riesce a sposarla solo dopo aver adempiuto le pericolose condizioni impostegli dallo zio, padre di Abla, per acconsentire alle nozze. Diviene il protettore della tribù e sottomette i più forti eroi dell'epoca, spesso divenendone poi amico. Vince pure una tenzone poetica contro i più valenti cantori e il suo poema, la "muallaqa", viene appeso alla Kaba della Mecca. Lo ritroviamo successivamente in Iràq per ottenere mille cammelle di specie pregiata promesse in dono al padre di Abla e diviene buon amico dei re di quel paese. Lo stesso accade con gli "shah" di Persia, dopo averli per qualche tempo combattuti. In Siria va ad uccidere l'avversario di un suo amico e, divenendo per una serie di fatti tutore del re minorenne, regna per qualche tempo sul paese. Entra in contatto, sia d'incontro che di scontro, coi Franchi. Su invito dell'imperatore bizantino si reca a Costantinopoli dov'è ammirato e festeggiato. Ma esigendo il re dei Franchi la consegna di Antar prigioniero, questi parte col figlio dell'imperatore e con l'esercito bizantino in spedizione per il paese franco sottomettendolo a Costantinopoli. Poi passa in Spagna sconfiggendone il re e percorre da vincitore le province dell'Africa del nord, dal Marocco all'Egitto. Libera Roma da un assedio. Inoltrandosi in Africa per punire i Sudanesi egli arriva nel regno del Negus che scopre essere il nonno della madre Zabìba. Antar muore infine, ucciso dalla freccia avvelenata del suo nemico Wizr che egli aveva fatto accecare. Questi, dopo essersi allenato a colpire le gazzelle seguendone i rumori, coglie l'eroe, ma muore immediatamente dopo per il timore di averlo mancato. Antar morente, sul suo fido destriero Abjar, riesce ancora ad allontanare i nemici dai suoi.



Celebre nell'oriente arabo fin dalla sua apparizione, il romanzo era declamato fino a pochi anni fa nei caffè dell'Egitto e della Siria. Sulla sua scia si svilupparono altri "romanzi di cavalleria", spesso inneggianti alle gesta dei campioni arabi in lotta contro i Crociati. L'orientalistica europea lo scoprì nel secolo scorso e lo chiamò l'Iliade degli Arabi.



Non esistono traduzioni in lingua italiana.



sabato 1 aprile 2006

Ennesimo dubbio scemo da finesettimana

RiotRadio dei Dead 60s è omaggio o plagio?
Io ho fatto una rapida ricerca in rete e propenderei per il plagio.
Però non riesco a farmeli stare proprio antipatici antipatici.
[Certo che magari le sirene e i latrati alla Joe Strummer se li potevano pure risparmiare...]

Update: Con  ControlThis i dubbi si sciolgono. Invece Nowhere è para para Fire in Cairo dei Cure.
Ma tanto un sedicenne tipo quanto ne sa di Clash, Cure e compagnia bella [bella tanto]?